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In questa vicenda del crocifisso ci sono molti
paradossi.
È paradossale che un musulmano come Adel Smith, pensando
di difendere l'Islam, chiami "cadaverino" il crocifisso,
insultando prima di tutto proprio l'Islam, che venera Gesù come
grande profeta.
È paradossale che sia un integralista islamico ad elevarsi
a difensore della laicità dello Stato.
È paradossale la reazione - in alcuni casi altrettanto
integralista - di quanti vogliono l'esposizione del crocifisso
nei luoghi pubblici in nome della difesa della civiltà cristiana:
quella civiltà dalle cui radici l'Europa ha tratto linfa
per elaborare il concetto di persona e per affermare il principio
di tolleranza.
È paradossale che abbiano difeso il crocifisso sia le autorità civili
che quelle religiose, associate nel definirlo un simbolo di italianità,
da esporre per questo motivo nelle aule scolastiche. Ridurlo a
simbolo nazionale: è questa la vera offesa al Crocifisso
(con la maiuscola: una persona, non un oggetto appeso a un chiodo),
offesa ben più grave che rimuoverne l'immagine da un muro.
Quella persona e la sua immagine, semmai, sono simbolo universale
della sofferenza dei giusti, simbolo riconosciuto anche da miriadi
di non cristiani sensibili alle realtà profonde. In quanto
tale, la croce con l'Uomo inchiodato a morirvi è uno dei
simboli più noti di tutte le infinite vittime innocenti,
di tutti i giusti colpiti e uccisi.
In ambito civile, credo che lo Stato possa imporre la presenza
nei locali pubblici dei simboli dell'identità nazionale
italiana, la presenza della bandiera tricolore o del ritratto del
Presidente della Repubblica che "rappresenta - come la Costituzione
stabilisce - l'unità nazionale"; ma non può imporre
la presenza di un simbolo religioso, senza contraddire la sua laicità.
Può accettarne la presenza quando essa esprima un sentimento
condiviso o quanto meno rispettato anche dal non credente. Vige
però in questo caso la regola dell'unanimità: se
qualcuno si oppone, lo si toglie.
In ambito religioso, per chi crede che il Gesù appeso al
crocifisso sia il figlio di Dio non può essere accettato
che esso sia usato come bandiera nazionale di un singolo paese,
o semplicemente utilizzato come simbolo culturale, storico o di
identità. I cristiani per primi dovrebbero volere che sia
abolito l'obbligo di esporre il crocifisso nelle aule: non perché offende,
ma perché se imposto rischia di scadere da simbolo di fratellanza
e di amore a segno di divisioni e di discordie. La trasmissione
del Vangelo non avviene per imposizione e il rispetto dell'altro
appartiene, prima che alla Costituzione, al Vangelo stesso. I cristiani
sanno che il pluralismo religioso dell'Europa di oggi e di domani
non è una provvisoria sfortuna da cui pregare di essere
liberati, ma la condizione concreta entro cui dar ragione della
propria speranza. Sanno, insomma, che alla spada sguainata da Pietro,
Gesù preferì il cammino verso la Croce. Voler di
nuovo rendere obbligatorio ciò che è il segno radicale
della gratuità, delle braccia spalancate verso tutti, sarebbe
profondamente anti-evangelico. La Croce non va dunque imposta sul
muro delle classi e degli edifici pubblici, e si può anche
togliere senza tragedie laddove c'è. In ogni caso, rimane
simbolo eterno di libertà fraterna, così eloquente
da accogliere il bisogno di misericordia di chiunque.
Ma neppure dovrebbe essere proibito appendere il crocifisso. Come
non dovrebbe essere proibito alcun altro simbolo religioso, insieme
ai molti simboli di ogni genere, etnici, artistici, sportivi, politici,
che i ragazzi appendono nelle aule, con buon diritto.
«Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti
alla legge», art. 8 della Costituzione, quindi anche a scuola.
I crocifissi che la scuola dovrebbe tenere sempre ben evidenti
davanti agli occhi dei ragazzi sono i crocifissi in carne ed ossa
della storia, le vittime delle guerre, delle malattie, delle sventure.
Se una scuola li esclude dalla visione del mondo proposta ai ragazzi,
si pone dalla parte dei crocifissori, fosse anche la scuola più "cattolica" e
più decorata di segni religiosi. Visitare un ospedale e
osservare i malati, leggere sulle riviste di solidarietà coi
popoli derubati i numeri della violenza economica, informarsi sulle
guerre da chi non spaccia le falsità necessarie alle guerre:
questo è venerare il Crocifisso nella carne di tutti i crocifissi
di oggi. Quelli di legno si possono anche buttarli: non è peccato.
Ma mettere al loro posto il volto di una vittima, ricevere lo sguardo
che obbliga a stare coi carcerati e non coi carcerieri, coi torturati
e non con gli aguzzini, con gli uccisi e non con gli assassini.
O il vecchio crocifisso aiuta a fare questa scelta nel mondo di
oggi, oppure, se non fa questo, non vale più, è diventato
inutile, abusato in senso contrario, e serve solo a far litigare
le religioni e a far chiacchierare i fracassoni superficiali, occupatissimi
a distrarre il popolo dalle cose importanti, pericolose da far
sapere.
È paradossale che i più fanatici sostenitori del
crocifisso di legno nelle aule scolastiche e negli uffici pubblici,
il Crocifisso morto, siano proprio coloro che con le loro leggi
schiaffeggiano i crocifissi viventi, come con la legge Bossi-Fini,
come con l'attuale finanziaria che taglia drammaticamente i fondi
per il sociale. Che coloro che vogliono il crocifisso nelle scuole
siano quelli che poi marginalizzano quegli altri crocifissi viventi,
i disabili, togliendo finanziamenti e strutture necessari per il
loro inserimento nella scuola pubblica. Queste leggi sono gli atti
che negano la cultura, l'identità, i valori del popolo italiano!
Queste leggi sono la presa in giro totale della tradizione biblica,
del Vangelo, della fede cristiana.
Don Lorenzo Milani arrivò a togliere il crocifisso, a metterlo
sull'armadio di un'altra stanza. (...) Tolse il crocifisso perché non
doveva esserci neppure un simbolo che facesse pensare che quella
era una scuola confessionale. Lì c'erano solo uomini che
studiavano e discutevano per la propria elevazione civile e morale".
Il crocifisso rischiava di essere discriminatorio.
"Chi mi ha conosciuto - scrive Don Lorenzo Milani - (...)
se mi vede eliminare un crocifisso non mi darà mai di eretico
ma si porrà piuttosto la domanda affettuosa del come questo
atto debba essere cattolicissimamente interpretato cattolico, dato
che da un cattolico è posto" (Lettere di Don Lorenzo
Milani).
Luciano Benini
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