9 aprile 2010

Dopo Osea profeta dell’amore, parleremo di Pastorale Giovanile

Dopo Osea profeta dell’amore, parleremo di Pastorale Giovanile

una parabola

Una pecora scoprì un buco nel recinto
e scivolò fuori.
Era così felice di andarsene.
Si allontanò molto e si perse.
Si accorse allora di essere seguita da un lupo.
Corse e corse,
ma il lupo continuava ad inseguirla,
Finché il pastore arrivò
e la salvò riportandola amorevolmente all’ovile.
E nonostante che tutti l’incitassero a farlo,
il pastore non volle riparare il buco nel recinto.

Una riflessione (solo un frammento) del vescovo Giulio Brembilla di Milano tenuta a Rimini nel 2004

—————-

1.      Chi ama  i giovani? E come?

Alla fine del percorso possiamo tornare alla domanda di partenza: Chi ama veramente i giovani? La domanda esprime una nostalgia e un grido di aiuto. E si precisa: Come amare veramente i giovani? Verrebbe da dire: essendo e crescendo come cristiani adulti! Prima di dire e fare qualcosa per loro, occorre essere per loro e con loro! Tutti i grandi credenti sono stati affascinanti essendo semplicemente così, cristiani a tutto tondo, contagiosi perché appassionati, trascinanti perché si sono lasciati coinvolgere dalla sequela di Gesù nella sua Chiesa. Questo potrebbe già bastare!

Vorrei solo aggiungere alcune ricadute pastorali per gli adulti che vogliono iniziare l’avventura di amare i giovani, di sognare un futuro per il loro presente, di investire su questo patrimonio che “la tignola e la ruggine non corrodono”. Ricordo i seguenti punti:

–  Sintesi della proposta e pluralità delle esperienze. La pastorale giovanile si trova ad essere il punto di “sintesi” della proposta spirituale e formativa per i giovani e nello stesso tempo osserva che gli adolescenti e i giovani frequentano una “pluralità” di esperienze (scuola della parola, luoghi e itinerari di preghiera, cammini di fede per chi inizia, proposte culturali, luoghi e segni di carità, circoli di attenzione sociale e politica). Il rapporto tra momento sintetico della proposta e pluralità delle esperienze e dei riferimenti appare assai faticoso nella conduzione dei cammini e talvolta precario nella previsione dei risultati. I giovani cominciano già a sperimentare un modo di crescere insieme con l’intervento di molte presenze, di differenti esperienze, di variegati cammini, di proposte molteplici che consentono all’adolescente e al giovane un processo di identificazione più ricco. È possibile per loro imparare, abitando dentro molte situazioni e relazioni, attraverso le quali attrezzarsi a vivere domani all’interno dell’e sperienza della società complessa e frammentata. Non bisogna aver paura di condurre gli adolescenti e i giovani attraverso molte esperienze, è assai urgente accompagnarli non da soli, ma con la collaborazione di educatori che siano compagni di viaggio.

–      Il rapporto con la comunità adulta. Una fatica diffusa della pastorale giovanile è quella di proporsi quasi come esperienza a lato della comunità parrocchiale, eventualmente minoritaria in attesa di diventare maggioranza. Gli stili di vita giovanili, le scelte, gli impegni di servizio e di volontariato spesso viaggiano a lato delle forme della vita cristiana degli adulti. Le dinamiche aggregative, tendenzialmente ripiegate su se stesse, favoriscono un regime di separazione, che però è alimentato anche dalla comunità adulta. Il regime di separazione e di distanza ingigantisce non solo i problemi, ma prima di tutto mitizza le difficoltà. Queste evidentemente sono presenti, ma la necessaria “autonomia” dei percorsi giovanili non deve perdere il “riferimento” reale alla comunità adulta. A questo proposito una particolare attenzione dovranno ricevere i cammini per i giovani adulti. Questo può essere anche il momento di una profonda comunione tra Parroci e incaricati della pastorale giovanile, in uno scambio di presenze e di interventi. C’è qualche esperienza significativa? C’è qualche itinerario consistente per l’accompagnamento dello studio, per l’intro duzione al lavoro, per i fidanzati (oltre i corsi), e qualche esperienza continuata di vita comune, ecc.?

–      La stagione degli educatori. Il problema degli educatori resta una delle questioni più delicate che ritorna in tutte le esperienze come uno snodo decisivo. Il ritornello è lo stesso: sono pochi, sono troppo giovani, quasi adolescenti, la presenza è intermittente, l’intervento è prevalentemente funzionale, l’autocoscienza dell’educatore è debole, la formazione spirituale fragile, quelli a tempo pieno sono professionalizzati, e via dicendo. Credo che bisogna allargare l’orizzonte e pensare ad un serio luogo e tempo di formazione degli educatori per la pastorale giovanile. Tale compito supera normalmente le possibilità del territorio, gli intereventi di rincalzo sono un palliativo. La Diocesi o almeno la Zona sono il luogo proprio di formazione degli educatori: come inserire la presenza di adulti, di genitori, di persone con esperienza di volontariato e missionarietà?

–      Il sacerdote per la pastorale giovanile. Emerge pian piano una nuova comprensione del Vicario Parrocchiale o del Sacerdote responsabile di PG. Questo mutamento nella coscienza di sé accade sul campo, ma va anche un po’ guidato, per dare sicurezza ai parroci che avanzano ancora attese come se il sacerdote della PG sia il coadiutore dell’Oratorio di un tempo, alle famiglie che si aspettano tempi e presenza commisurate al loro immaginario del prete dei ragazzi/adolescenti e agli stessi giovani che chiedono una prossimità e un accompagnamento psichico disteso sui tempi lunghi. Per evitare coscienze lacerate e frustrazioni improduttive è necessaria una cordiale partecipazione alla nuova figura emergente di VP (o sacerdote responsabile), ma soprattutto occorre che il giovane prete sia contento di come sta svolgendo il suo ministero. Questo ha tra l’altro una non piccola ricaduta vocazionale sulle generazioni future dei preti.


Scrivi un commento