Omelia 17 marzo 2007
Lc 15,1-3.11-32 Il padre misericordioso
Si è sempre un pò intimiditi a commentare la parabola del padre misericordioso perché è un Vangelo nel Vangelo. Credo che meditandola negli anni ci si accorge sempre di più che al centro di tutto c’è la misericordia del Padre. San Luca vuole invitare la sua Chiesa perché anche poco poco faccia come Lui, imiti Lui per essere una Chiesa che scopre, vive e pratica la misericordia.
In questo senso gli altri due soggetti della parabola, il figlio prodigo e il fratello maggiore, rappresentano tutta la Chiesa, tutti i figli, tutti i fratelli, sia quelli che attuano la strategia del piacere e che pensano di essere allo stretto nella casa del padre, sia quelli che attuano la strategia del dovere e si lamentano col Padre di non veder riconosciuto il proprio lavoro.
In realtà non sono due categorie, siamo noi in momenti diversi della vita. Se noi ripensiamo, anche voi giovani, alla nostra vita a volte ci sentiamo in quel figlio che è scappato pensando di trovare gioia nel peccato, poi si è sentito un guardiano di porci che vorrebbe mangiare carrube e che alla fine dice dice “voglio tornare”. Altre volte invece ci siamo sentiti come il figlio maggiore che non trasgredisce, che osserva e allora non capiamo perché fare così tanta festa per un solo fratello che si converte. Perché lasciare le 99 nell’ovile e correre in cerca della pecora perduta. In quei due fratelli c’è tutta la Chiesa. Sembrano così diversi quei fratelli in realtà in una cosa sono assolutamente uguali: non avevano capito niente del loro Padre. Niente. Benché avessero fatto scelte così diverse, non avevano capito chi è Dio.
E l’altra cosa che Luca vuole dirci è: amici, in qualunque dei due in questo momento vi nascondiate, nessuno di voi dia per scontato di aver capito chi è il nostro Dio.
Dio avendo un amore folle per l’uomo è sempre da scoprire e, quando presumi di aver capito, è proprio quella volta che non hai capito niente e devi rimetterti continuamente alla scoperta di Lui.
Non vi nascondo, amici, quanto vorrei che nella Chiesa potessimo un po’ imitare l’atteggiamento del Padre quando il figlio gli dice ” dammi la parte dei beni che mi spetta, io me ne vado”. È molto triste che questo figlio, oltre a decidere di scappare, creda di aver diritto ad una eredità e vuole i soldi dal padre.
E il padre affronta questa decisione con un silenzio sofferto, con una dignità colma di amore. Lui che è così emotivo, così passionale, quanto vorrei imitarlo! Non è il cinismo di chi dice ” vai vai, vedrai che tanto….. prima o poi “. No, è la sofferenza, ma una sofferenza che sa rispettare la libertà, che, come è stato detto, è paziente, aspetta i tempi, non pregiudica la possibilità del ritorno.
Questa è la Chiesa. Questo è lo straordinario del nostro Dio. Qui dobbiamo imparare.
Che quel suo silenzio sia pieno di sofferenza, è evidente. Vi siete accorti che nel momento in cui il figlio torna solo Lui lo vede di lontano? E’ come se (i pittori lo hanno dipinto così) stesse sulla terrazza tutti i giorni e tutte le notti ad aspettare il figlio. Infatti quando è ancora lontano Lui lo riconosce, e poi sapete quello che fa.Questo vi fa capire che neppure per un attimo aveva cessato di amarlo con libertà e dolore.
C’è un secondo aspetto che mi colpisce sempre in questa parabola: è il coraggio che ha avuto quel ragazzo scappato di casa di dire ” non era come pensavo”.
A rigor di termini non si pente. Qualcuno di voi che assomiglia al fratello maggiore potrebbe dire che non si è pentito, si è solo trovato a guardare i porci e a mangiare carrube, ha pensato che a casa di suo padre anche i dipendenti stanno meglio e ha deciso di tornare.
No, stiamo sottovalutando quel ragazzo, ci assomiglia molto. Per ognuno di noi dopo aver fatto delle scelte dire di aver sbagliato bersaglio, di aver fallito e dire “torno indietro” è un’operazione anzitutto mentale e di cuore molto molto difficile! Convertirsi vuol dire che io sono così e giro da questa parte, torno indietro. Tornerò da mio padre e gli dirò ” ho peccato contro il cielo e contro di te “. Poi esagera pure “non sono degno di essere chiamato tuo figlio, trattami come uno dei tuoi garzoni “. Ma ha il coraggio di farlo.
Vedete il peccato non è un problema per Dio, anzi. A volte il peccato, quando ci costringe a mangiamo carrube, ci spinge alla conversione. Riconoscere il peccato è difficile. Il grande peccato è non riconoscere il peccato, è considerare il male come bene, badare i porci e pensare di essere liberi. Questo è il grande peccato.
La Chiesa deve avere un amore immenso per i peccatori ma deve aiutare se stessa e tutti gli uomini a riconoscere il peccato, cioè la lontananza da Dio. Non chiamare gioia ciò che è perdizione “Io qui muoio di fame”. Sapere che c’è un vitello di grano che è l’eucaristia, il momento che stiamo vivendo, il convito della cena e che al di fuori c’è la morte.
Questo è davvero il dono che dobbiamo chiedere per tutti noi. Guardate che il figlio minore non è ateo. Lui sa di avere un padre, lo chiama padre cinque volte e anche quando è lontano dice a casa di.. mio padre, mica ha detto dal vecchio che ho lasciato, dice mio padre. C’è una nostalgia di Dio nel cuore dell’uomo che è immensa. Gli uomini si potrebbero distinguere da questa nostalgia di Dio. Quando decide di tornare, il Padre gli corre incontro, non lo fa parlare, gli restituisce la sua dignità. Però credetemi nel momento in cui è partito non poteva immaginare la festa. Anche noi benché battezzati da quando siamo nati, non riusciamo mai a immaginare un Dio che fa festa per un solo peccatore che si converte, che ci viene incontro,che ci copre col Suo mantello perché non si veda lo stato decadente e ci restituisca immediatamente la dignità regale espressa con l’anello e con i sandali.
E questa veste bianca che oggi abbiamo messo, è la veste con la quale egli continuamente ci riveste. È la veste del battesimo ma è anche la veste che il padre dona al figlio peccatore che ritorna. Noi tutti siamo peccatori ai quali Dio ha usato misericordia.
Perché il fratello maggiore fa così fatica o forse addirittura non accetta di entrare nel convito della festa? Che cosa gli manca? Potremmo dire invidia, non aveva fatto per amore le cose che aveva fatte, ma credo che dovremmo andare un poco più a fondo.
Ritorniamo al padre che corre dalla terrazza ad abbracciare il figlio. Corse incontro e… si commosse. Nel Vangelo di Luca questo è decisivo. Il figlio minore non sa quando parte dalla casa che cos’è la commozione e non la conosce neppure il fratello più grande. Una Chiesa capace di commozione vuol dire che ama la creatura con affetto di padre e di madre. La commozione nella Bibbia è nelle viscere, è uterina, è materna. Dio è madre prima di essere padre. Da oggi dovremmo dire Dio è madre e padre. È con questo amore che si va incontro all’uomo. Il fatto di non contrabbandare il peccato, di chiamare le ghiande ghiande e i porci porci, il fatto che lui sa che non c’è felicità fuori dalla sua casa, nasce da questo amore folle per la sua creatura. Noi dobbiamo avere lo stesso amore tra di noi e verso tutti. Che non vuol dire nascondere la verità, vuol dire il bisogno della casa di Dio. Fuori dalla sua casa c’è il deserto. Ma noi non possiamo obbligare un amico a dire “tornerò da mio padre”. Questa è solo la preghiera di Cristo in croce che può fare il miracolo ma ad ogni fratello e ogni sorella che incontriamo dobbiamo dire, con la stessa misericordia del padre: “siamo peccatori perdonati, accogliamoci, perdoniamoci, siamo una cosa sola, buttiamoci reciprocamente le braccia al collo non perché noi siamo buoni ma perché lui è misericordioso”. Se non siamo capaci di commozione tra noi non sapremo perdonarci, evidenzieremo le nostre differenze, saremo incapaci di amarci, non avremo passione educativa per i giovani, non sapremo accogliere. Ecco allora il dono che dobbiamo chiedere oggi al Padre: il dono della commozione. Perché il samaritano si è fermato mentre il prete e il diacono se la sono cavata? Qual è la differenza? Ve lo ricordate quel brano? Tutti e due hanno visto, tutti avevano paura, perché la fifa è di tutti, tutti avevano i loro affari ma.. Il samaritano cos’ha fatto? Lo vide e si commosse, si commosse. Vide in quel fratello un uomo per cui Cristo è nato ed è morto. E allora cambiò il suo modo di essere Chiesa. Dobbiamo ogni giorno convertirci ad una Chiesa di misericordia. Amen.