Invito per Luciano
Riporto alcune frasi di Tonino Bello che Valter Toni ci ha inviato ormai più di un mese fa e che mi hanno particolarmente toccato.
“Non è vero che si nasce poveri.
Si può nascere poeti, ma non poveri.
Poveri si diventa. Come si diventa avvocati, tecnici, preti.
Dopo una trafila di studi, cioè.
Dopo lunghe fatiche ed estenuanti esercizi.
Perché la povertà si insegna e si apprende. Alla povertà ci si educa e ci si allena. E, a meno che uno non sia un talento naturale, l’apprendimento di essa esige regole precise, tempi molto lunghi, e, comunque, tappe ben delineate.
Di fronte alle ingiustizie del mondo alla iniqua distribuzione delle ricchezze, alla diabolica intronizzazione del profitto sul gradino più alto della scala dei valori, il cristiano non può tacere.
Come non può tacere dinanzi ai moduli dello spreco, del consumismo, dell’accaparramento ingordo, della dilapidazione delle risorse ambientali.
Come non può tacere di fronte a certe egemonie economiche che schiavizzano i popoli, che riducono al lastrico intere nazioni, che provocano la morte per fame di cinquanta milioni di persone all’anno, mentre per la corsa alle armi, con incredibile oscenità, si impiegano capitali da capogiro.
Ebbene, quale voce di protesta il cristiano può levare per denunciare queste piovre che il Papa, nella “Sollicitudo rei socialis”, ha avuto il coraggio di chiamare strutture di peccato? Quella della povertà!
L’educazione alla povertà è un mestiere difficile: per chi lo insegna e per chi lo impara.
Forse è proprio per questo che il Maestro ha voluto riservare ai poveri, ai veri poveri, la prima beatitudine.”
Aggiungo alcune considerazioni personali: sono “uscito” rabbioso dalla chiesa, da adolescente, soprattutto per la clamorosa contraddizione di una povertà predicata ma non praticata. Un adolescente non sopporta le contraddizioni è, per di più, essendo povero per natura (anche se vive in una famiglia ricca) ancor meno capisce e sopporta una contraddizione di questo tipo.
Poi sono cresciuto e sono diventato ricco anche io.
Come ho detto in altre occasioni è facile stabilire se siamo ricchi: basta vedere se ci sono al mondo persone bisognose, se ci sono e noi possediamo più di quello che è indispensabile allora siamo ricchi. E se cerchiamo di essere cristiani allora non possiamo fare a meno di sentirci dei cammelli che cercano di passare per la cruna di un ago.
Pur da cammello e, per età, meno sensibile alle contraddizioni, sono “rientrato” nella chiesa ma continuo a sentire bruciante questa contraddizione di una chiesa non povera. E la sento ancor di più perchè prima la vedevo negli altri, ora invece me la sento bruciare addosso, con le responsabilità che comporta e cioè il rischio di allontanare “i piccoli”. E sappiamo che è meglio essere buttati in mare con una pietra di mulino al collo piuttosto che allontanare i piccoli.
Allora mi chiedevo come mai la chiesa, che riconosce le beatitudini come lo statuto del cristiano, non riesce a vivere la prima e fondamentale che dice che il cristiano deve essere povero?
E’ vero che si dice “poveri in spirito” e che questo “in spirito ” può essere variamente interpretato ma, per quanto la possiamo girare mi sembra che non si possa sfuggire dalla interpretazione “poveri per scelta”.
Non riuscivo a rispondere a questa domanda poi è arrivata quella riflessione di Tonino Bello e mi ha illuminato.
La risposta è: perchè per imparare ad essere poveri ci vuole moltissimo tempo e tanta tanta fatica.
Duemila anni non sono bastati.
Dice Don Zeno Saltini che duemila anni per una struttura come la chiesa sono pochissimi, la chiesa, dice don Zeno, è ancora una bambina.
Allora ecco l’invito/appello per Luciano.
Luciano tra le tante qualità ha anche quella di essere un grande organizzatore di “Scuole”.
Ha organizzato la scuola di pace che risponde alla beatitudine “beati gli operatori di pace”, poi quella di formazione politica che risponde alla beatitudine ” beati gli affamati e assetati di giustizia”.
Bene, credo che ora siamo maturi per l’università e quindi Luciano ti chiedo se puoi organizzare una scuola di Povertà.
Questa è certamente la più difficile ma anche la più efficace perchè se si sa essere poveri le altre beatitudini credo che seguano automaticamente. Se si è poveri è facile essere giusti, misericordiosi e pacifici.
Certamente sarà una scuola lunga anzi credo che dovrà essere permanente.
Vincenzo ci dice sempre che dobbiamo pensare alla catechesi del venerdì come ad una scuola di vita cristiana di misura alta, io credo che in questa scuola il corso di “Povertà” debba essere imprescindibile se non vogliamo prenderci in giro.
Ovviamente per non essere della serie “armiamoci e partite” ti do tutta la mia disponibilità a lavorare in un progetto del genere.
In giorni come questi, in cui si è sempre di corsa, credo che pochi avranno avuto il tempo di leggere questa lunga e un pò pallosa email. Ma io confido in Luciano che è sempre attento. A quelli che hanno avuto pazienza e a tutti quanti leggeranno solo queste ultime righe auguro un buon Natale che ogni anno, anche grazie a voi, sento sempre più come momento importante anzi indispensabile. Ogni anno nasce, cioè sempre ed è sempre per noi, questa pausa invernale passata con i nostri cari ce lo ricorda e ne abbiamo bisogno perchè la nostra memoria è fragile.
BUON NATALE
Paolo
Caro Paolo,
le tue riflessioni sono quantomai necessarie e opportune. Certo, alla povertà ci si avvicina, ci si incammina, esattamente come alla nonviolenza. Gandhi, Martin Luther King, Capitini, Lanza Del Vasto e tutti questi grandi personaggi non dicevamo mai di sè di essere nonviolenti ma semmai di essere cercatori di nonviolenza, incamminati, esperimentatori. Io credo che fra guerre e pace, violenza e nonviolenza, ricchezza e povertà ci sia un legame inscindibile. Per questo, ritenendo che sia ben difficile mettere in piedi una terza scuola, credo sia invece essenziale che la questione della povertà, come scelta personale e politica, debba entrare sempre più nelle due scuole esistenti. Già nella scuola di pace, con diversi interventi, il tema è stato introdotto. Aiutaci a farlo sempre più nelle due scuole. Lo dico non solo a te ma anche ai tanti che ci leggono, perchè c’è veramente bisogno del supporto di tutti.
Grazie ancora e Buon Natale
Luciano
La intuizione di Paolo è bellissima, anche se in un mondo come questo non saprei proprio da che parte iniziare per promuoverla per riuscire ad avere qualche iscritto…
Grazie
Cari fratelli
Abbiamo sempre avuto molto pudore a costruire tra noi un rapporto che entrasse nel merito delle scelte che ciascuno di noi fa nella propria vita.
Non lo abbiamo mai fatto su nulla tanto meno sulla povertà di ciascuno che è argomento che facilmente degenera nel “guardare in tasca agli altri” senza minimamente avere interesse alla vita dell’altro riducendo così la povertà ad ideologia o a schema preconfezionato il cui criterio è deciso da quanto IO ritengo sia considerabile il limite della povertà (avere un’auto da 80 mila euro è povertà o no?)
La povertà quindi va vissuta e non “parlata” e soprattutto il confronto su questioni di vita (tra cui anche la povertà)va fatto con grande amore verso l’altro e non con la voglia di creare un “sistema” che la Chiesa debba adottare affinchè ci sentiamo tranquilli di vivere in una Chiesa coerente.
Impariamo ad amarci e a desiderare che su di NOI prevalga la vita dell’altro e che la mia disponibilità a “morire” per lui sia reale.
Allora parliamo di povertà tra noi.
Impariamo a farci nulla per amore di Dio, ad amare la nostra miseria e a convivere con pazienza e amore con i limiti dell’altro senza pretendere nulla da Lui se non quello che vuole il Signore e non quello che io credo voglia il Signore.
Impariamo a non desiderare nulla dagli altri e ad accettarli così sapendo che solo Dio converte.
Allora parliamo di povertà
NINO