27 ottobre 2006

Atti degli Apostoli – Capitolo 12 versetti 1-25

Introduzione
Il capitolo 12 è dedicato ad un altro intervento straordinario da parte di Dio in favore di Pietro, e ne mette in luce la Sua straordinaria vicinanza e comunione con l’apostolo.
Al tempo stesso l’episodio prelude al congedo che il racconto degli Atti prenderà da Pietro per concentrarsi quasi esclusivamente sull’attività di Paolo.
Commento
L’Erode di cui si parla in questo capitolo è Agrippa, nipote di Erode il Grande, re della Giudea e Samaria dal 41 al 44 che, come spiega il testo, si limitò a perseguitare solo “alcuni membri” della comunità cristiana, quelli più in vista.
La persona più importante che Agrippa, fa uccidere, e senza processo, è Giacomo figlio di Zebedeo, fratello dell’evangelista Giovanni, che non si era certo rassegnato, come Pietro, all’idea di non poter ricostruire in patria il regno davidico .
Agrippa, prima di procedere anche contro Pietro, volle vedere se il suo delitto era stato gradito agli ebrei e, avendone ottenuto il consenso, decise di arrestarlo.
Pietro essendo più popolare di Giacomo, non poteva essere eliminato senza salvare le apparenze della legalità e quindi nonostante l’appoggio di molti ebrei, Agrippa non se la sente di procedere con un’ esecuzione sommaria, tanto più che quelli “erano i giorni degli azzimi”, cioè della Pasqua, festa in cui molti si riunivano a Gerusalemme e dove le possibilità di disordini e sommosse non erano remote.
Bastava solo che Pietro , in prigione, fosse ben custodito. Ci viene detto infatti anche il numero di coloro che dovevano fargli da guardia: quattro picchetti di quattro soldati ciascuno.., sedici uomini tutti ben armati che facevano da sentinella alle porte del carcere fino alla porta esterna di ferro. In più ..vi erano due soldati che piantonavano Pietro, legato con due catene.
Ci sembra proprio di poter dire che più custodito di così , Pietro non poteva essere.
Se la morte di Giacomo era stata causa di tanta tristezza, la prigionia di Pietro, in vista di chissà quale morte, ora era causa di sgomento, di desolazione, di spavento per tutti i credenti.
Non si poteva pensare a una Chiesa, quale era quella di Gerusalemme, privata del sostegno di Pietro, per cui la comunità reagisce con le uniche armi su cui fà affidamento: la preghiera incessante, senza sosta a favore del Capo. E Dio interviene direttamente a favore del suo amico e, come leggiamo nei salmi, manda il suo Angelo a liberare Pietro dalla prigione.
È molto bella la descrizione dell’evento liberatorio, dove mondo spirituale e mondo materiale si fondono in un tutt’uno in cui lo stesso Pietro sembra smarrirsi.
Pietro dorme: una luce sfolgora nella cella . Pietro è destato dall’angelo con un piccolo tocco a un fianco… poi ode degli ordini concisi e perentori; Alzati, in fretta.. Mettiti la cintura e legati i sandali.. Avvolgiti il mantello e seguimi.
Vanno in silenzio, l’angelo e lui, per un tratto di strada, poi Pietro rimane solo.
E’ notte fonda, Pietro cerca rifugio presso una certa Maria, madre di Giovanni Marco, cugino di Barnaba e discepolo dello stesso Pietro. Qui i cristiani erano soliti riunirsi.
Di nuovo Pietro s’imbatte, prima d’incontrare Maria, in una serva, come al momento del primo processo a carico di Gesù. Bussa alla “porta esterna”, che dava sul giardino antistante alla casa, e gli si presenta Rode.
Pur riconoscendolo dalla voce non gli apre: sapeva infatti che era in prigione, inoltre è buio, lei non è che una “fanciulla” e per la gioia non apre” ma corre ad annunziare che fuori c’era Pietro”: una descrizione straordinariamente somigliante a quella dei vangeli, là dove si descrive l’atteggiamento delle donne al cospetto della tomba vuota.
La ragazza viene trattata come una stupida “Tu vaneggi”.
Rode ha una personalità semplice: è obbediente ma non servile, proprio perché insiste, si preoccupa, non è indifferente alla situazione, e non si lascia smontare dall’incredulità e dall’ironia dei padroni, che la prendono in giro evocando il “fantasma” di Pietro.
I padroni di casa o comunque i suoi ospiti si rendono conto che diceva la verità, sentendo bussare insistentemente alla porta e quindi vanno a vedere di persona, finalmente gli aprono e rimangono stupefatti.
Pietro, dopo aver raccondato i fatti, fù tassativo nel raccomandare loro di tacere sul modo come era stato liberato.
E dispose che venisse informato Giacomo, uno dei Dodici.
Dopodiché emigra fuori dalla Giudea-Samaria.
Il mattino seguente, ci fu una grande “scompiglio tra i soldati”, che ovviamente non potevano accusarsi l’un l’altro, perché praticamente tutti facevano la guardia a tutti.
Erode Agrippa è furibondo , si sente preso in giro. Capisce bene che i soldati non avrebbero rischiato la vita per quel pescatore della Galilea, tuttavia li condanna a morte. Poi, per non subire davanti ai giudei lo smacco di quella terribile beffa, decide di partire per la Cesarea.
Dio interviene non solo liberando Pietro ma anche lasciando che Erode cada vittima di una congiura in cui trova la morte.
Così viene mostrato il capovolgimento delle regole umane. Colui che doveva morire è vivo e sano mentre colui che sembrava al riparo di tutto trova una morte ignominiosa, corroso dai vermi.
Persecuzione, connivenza con i potenti, logica umana e desiderio di potere da una parte spingono gruppi nemici ad allearsi contro i più deboli. Gli idealisti sono rappresentati dalla comunità credente.
Preghiera, fiducia in Dio e sul Suo intervento straordinario e miracolistico per liberare i suoi amici, rendono possibile il superamento e la vittoria sulla logica umana.

Momenti e Parole chiave della narrazione:
• La casa: è al centro della narrazione e dell’ episodio evangelico. E’ il luogo abituale di ritrovo della comunità per la preghiera e per la “frazione del Pane”.
• La fanciulla Rode: anche un’adolescente, come avveniva probabilmente per tutti i figli, frequenta con gioia gli incontri della comunità cristiana; è proprio lei, attenta e vivace, a correre alla porta per accogliere chi si presenta; prima ancora di aprire la porta essa annuncia con gioia a tutti gli altri la liberazione di Pietro: uno spiccato senso della comunità che prevale sull’istinto individualistico di abbracciare Pietro. Rode è anche modello di una donna entusiasta e spontanea, servizievole e coraggiosa.
• La reazione della comunità è di incredulità: credevano che si trattasse non di Pietro in persona ma del suo “fantasma”; il gruppo rimane stupito quando vede Pietro sperimenta anche questa volta che la risposta del Signore supera sempre i desideri e le attese dell’uomo.
• L’efficacia della preghiera: la liberazione di Pietro è messa in relazione con la preghiera della comunità, anzi di tutta la chiesa che pregava incessantemente per Pietro. La prima comunità cristiana è sostenuta da una grande fiducia nell’efficacia infallibile della preghiera.
• L’attenzione di Pietro verso la comunità: Pietro “dopo aver riflettuto “sceglie di recarsi nella casa di Maria ove la comunità era in preghiera: Pietro sa che la Chiesa è in preghiera per lui e vede nella sua liberazione un segno per la comunità prima ancora che un favore che il Signore ha accordato a lui.
• La discrezione di Pietro: entra quasi in punta di piedi per non disturbare la preghiera e “fa segno di tacere”; non gli preme tanto di attirare l’attenzione della comunità sulla sua persona, quanto piuttosto che la preghiera continui, arricchita da questo nuovo motivo di lode al Signore. La sua sosta in casa di Maria è breve: l’evento viene narrato con molta sobrietà, evidenziando soprattutto l’azione divina.
• La comunità ecclesiale tra le varie comunità: Pietro, più che soffermarsi a fare festa per l’avvenuta liberazione, si preoccupa di rendere partecipi dell’azione di Dio, Giacomo e gli altri fratelli. L’evento ha una dimensione comunitaria che và oltre il valore personale.
• La figura dell’angelo: in alcune fasi cruciali della storia della salvezza, Dio si serve anche di questi, per orientare, condurre i suoi amici. Non sono angeli “latte e miele”, ma figure che molto frequentemente consentono di superare il pericolo, per raggiungere un luogo sicuro.
Spunti per l’attualizzazione
• La casa e la famiglia sono al centro degli eventi di salvezza: non soltanto quelli straordinari – com’è stata la vicenda di Pietro – ma anche di quelli “ordinari”, che segnano la storia e la vita di una famiglia e dei suoi membri. Nella casa vive una comunità attenta ai segni di Dio perché prega per intercedere o per ringraziare.
• La preghiera della comunità riunita nella casa ottiene l’intervento di liberazione del Signore: così anche la preghiera dei coniugi insieme ai figli è la condizione per la presenza del Signore non solo all’interno della famiglia stessa ma nella comunità; forse dobbiamo riscoprire l’importanza e la fiducia del pregare perché il Signore effonda la sua grazia nel mondo
• La casa cristiana è aperta e diventa quasi una “proprietà” di chi la frequenta: ad aprire a Pietro, infatti, non è la padrona , come imporrebbero le convenienze, ma una ragazza che forse nemmeno apparteneva alla famiglia che abitava in quella casa. La nostra dimensione di coniugalità e di genitorialità ha bisogno di aprirsi a forme di più concreta condivisione di spazi e di tempi.
• Un altro aspetto che ci risulta evidente leggendo il brano è che l’attenzione di chi scrive è concentrata non su ciò che “appare” nella casa ma su ciò che in essa “avviene”: forse anche noi dovremmo aprire gli occhi e fermare la nostra attenzione, su ciò che accade nelle nostre case e nella nostra comunità ponendo al primo posto le persone, le relazioni e la preghiera più che gli aspetti esteriori. Una casa e una comunità diventa accogliente anzitutto perché si dà importanza alle persone.
• La prima reazione di Rode è di rendere partecipi gli altri di un evento gioioso. La dimensione comunitaria è diventata così importante, che l’impulso della condivisione prende il sopravvento sull’istinto di “godere” personalmente del fatto.
• “Riferite questo a Giacomo e ai fratelli”.Quello che di gioioso avviene in una piccola comunità non può essere trattenuto nel chiuso delle mura domestiche, ma và annunciato anche ad altri. I credenti che riconoscono un intervento di Dio che salva, devono diventare annunciatori. La famiglia che scopre con gioia la presenza del Signore nelle sue vicende quotidiane, non può limitarsi a godere da sola questa scoperta, ma deve “esportare”il benessere e la gioia che la presenza di Dio hanno suscitato.

Per un confronto:

• La nostra casa è un luogo di preghiera che celebra la presenza costante di Dio nella nostra vita familiare?
• Sappiamo vivere da coniugi e da genitori con atteggiamento di lode? Sappiamo fermarci per rendere grazie al Signore?
• Educhiamo i nostri figli alla preghiera intesa come piena fiducia in Dio Padre, facendo riferimento a lui nei momenti di difficoltà?
• Quando preghiamo personalmente o in famiglia, abbiamo presenti soltanto le necessità personali o familiari, oppure il nostro orizzonte si allarga ad altre persone, alla comunità cristiana, al mondo? E siamo persuasi che anche in questo modo noi educhiamo i nostri figli ad un amore senza orizzonti?
• Qualche volta riusciamo a pregare, in famiglia, anche con altri fratelli e sorelle di fede che sono con noi?
• Siamo consapevoli che l’unità della nostra famiglia non è solo un fatto “privato”
ma ha un significato ed una finalità specifica all’interno della comunità?
• Siamo capaci di fare della nostra casa un luogo accogliente nel quale altre persone della comunità possano sentirsi a casa loro?


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