8 dicembre 2010
Dio rende liberi?
Omelia di don Vincenzo in occasione della festa dell’Immacolata.
Omelia di don Vincenzo in occasione della festa dell’Immacolata.
7 gennaio 2025
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28 dicembre 2024
23 dicembre 2024
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Scritto da Don Vincenzo Solazzi on 4 maggio 2010
Scritto da Michi on 4 agosto 2006
Scritto da Luciano Benini on 23 dicembre 2006
Scritto da Don Vincenzo Solazzi on 11 novembre 2006
Scritto da Luca Vagnini on 2 agosto 2006
Nell’omelia di oggi don Vincenzo ha citato un passaggio del libro su Umberto Veronesi dove questi dichiara di aver abbandonato la fede cattolica sentendosi finalmente libero in quanto, secondo lui, la fede lega con obblighi e divieti insopportabili. Per lui è stata una conquista fare a meno della fede e ora si sente davvero libero. Se da una parte queste parole mi fanno rabbrividire, dall’altro mi inquietano. Ho avuto la fortuna, nella mia vita, di incontrare persone che mi hanno annunciato un Vangelo liberante, un Vangelo che ti scioglie dal giogo degli idoli di questo mondo per legarti al giogo di Gesù, giogo dolce e leggero. Perchè è una tremenda illusione quella di pensare di vivere senza gioghi: sciolti dal giogo di Gesù, ci si ritrova mani e piedi legati a gioghi di ben altra consistenza e natura. Dunque le parole di Veronesi mi fanno rabbrividire. Ma mi inquietano anche, perchè mi chiedo: quale Vangelo gli era stato annunciato? Tutto fatto di divieti, obblighi, doveri e devozioni? Purtroppo questo tipo di annuncio del Vangelo era (è?) prevalente fino al Concilio, e non c’è da meravigliarsi se anche uomini e donne di cultura abbiano sentito come una liberazione, una conquista, quella che invece è una grande perdita. Dunque dovremmo chiederci se non sia anche nostra responsabilità che una persona come Veronesi dica quelle parole.
Nella sua bellissima pre-omelia Giorgio ha raccontato un episodio su Don Paolo Tonucci, una delle persone più libere e liberanti che abbia mai conosciuto, una di quelle persone che mi hanno annunciato il Vangelo della liberazione. Don Paolo affermava di credere profondamente alla verginità della Madonna, e nell’affermarlo lo rivendicava come scelta rivoluzionaria e liberante. Non è un caso che uno dei più grandi mariologhi del nostro tempo, Leonardo Boff, sia anche uno dei padri, con Gustavo Guiterrez, della teologia della liberazione.
Nella seconda preghiera eucaristica della riconciliazione si dice: “Egli, venuta l’ora di dare la vita per la nostra liberazione, …”. Siamo un popolo di liberati per liberare: peccato che ad Umberto Veronesi nessuno glielo abbia mai annunciato.
Luciano Benini
Alcuni anni fa venne a fare un testimonianza in parrocchia nostra un giovane che apparteneva alla comunità Papa Giovanni XXIII; era uno strettissimo collaboratore di d. Oreste con il quale seguiva l’intenso percorso di avvicinamento della comunità alla realtà della prostituzione.
Lo rividi qualche anno dopo (ora fa lo psicologo un una ASL) e venni a sapere da lui che era letteralmente fuggito dalla comunità perchè nauseato da certe forme di personalismo tutto centrato sul leader; un personalismo che impediva a chi gli stava vicino di crescere nella propria fede.
Li per lì Rimasi stupitissimo perchè stare accanto a d. Oreste significava avere il privilegio di una testimonianza di primo ordine; ma non era stato così, almeno per lui. Probabilmente le cause saranno state anche più complesse rispetto a quelle emerse in quel breve confronto, ma, ripreso dallo stordimento, in realtà la cosa cominciò a sembrarmi meno scandalosa di quanto mi fosse apparsa immediatamente.
La reazione alla comunicazione della fede è “strana” nelle persone; riflette infatti la nostra complessità interiore che tende a reagire nelle modalità più differenti alle proposte che ti vengono fatte.
Poi sono andato oltre questo ragionamento psicologico e ho pensato alle reazioni dei giudeo cristiani di Gerusalemme alla testimonianza di Gesù e dei pagani all’annuncio di S. Paolo fatto all’areopago ai filosofi greci o al tradimento di Giuda o alla leggerezza di Pietro di fronte al suo giuramento di fedeltà tradito di fronte alla prima difficoltà.
In realtà, mi sono infine detto, le reazioni sono state in genere più negative che positive di fronte all’annuncio; o meglio, sono state o molto negative o molto positive e tali opposte reazioni sono venute da persone che avevano vissuto la stessa esperienza.
Questo non toglie nulla alla necessità di una testimonianza seria e coerente; quello che è certo è che non esiste un rapporto matematico di causa ed effetto tra testimonianza e conversione.
Così come va detto che la scelta consapevole dell’ateismo esiste e, specie oggi, è fatta, il più delle volte, in piena facoltà mentale da parte di chi sceglie di fare a meno di Dio e motiva anche ad altri l’opportunità di liberarsi da un inutile peso.
A volte, andando oltre nel ragionamento, mi sorprendo io stesso di scoprirmi credente di fonte ad un mistero così grande e folle dove le categorie del pensiero razionale diventano insufficienti per la necessità di aprirsi ad un assoluto che va accolto unicamente come una “scommessa” (che per altro non toglierebbe nulla alla ragione).
Questo non giustifica nulla in ordine alla serietà della testimonianza, ma credo che anche prima del Concilio ci siano state frange importanti di fedeltà alla Parola e all’Eucarestia che non è venuta meno neanche di fronte alla “contro-testimonanza” dei potenti ecclesiali di turno che volevano un Concilio ingessato.
La fede è una cosa strana; io addirittura credo di non conoscerla in pieno; a volte sento di essere all’ABC della Rivelazione; sento la fatica di chiamare Dio per nome, di accostarmi a Lui come un figlio; di far sentire questo affetto divino a chi mi sta vicino e dovrebbe vedere in me quell’ardore che dovrebbe convertire.
Il mistero della incredulità rimarrà presente fino alla fine dei tempi e ci verrà chiesto conto di questo non solo come testimoni pavidi, ma anche come credenti falsi, atei nascosti; ma verrà chiesto conto anche a chi avrà fatto questa scelta in piena “salute mentale” perché il giudizio ci sarà e sarà duro.
Ciò però non toglie nulla alla trasparenza della nostra fede e alla responsabilità che ci dobbiamo assumere di fronte ad un mondo che sembra allontanarsi dal Dio di Gesù Cristo. Ma il diavolo…..
Scusate queste mie frasi forse senza senso…
Leggendovi sono andato a prendere un libro (Affrettiamoci ad amare)
dove ho messo un’ orecchia fissa a pagina 23.
Per quale via mi sembra possa rispondere al “cuore” della questione sollevata.
Cordialmente, Massimo.
Per quale via
Per quale via si arriva a Te
soltanto attraverso il portone ufficiale
dietro a schiere di santi
coi colletti inamidati
e il certificato d’obbligo timbrato in mano
o forse per una strada diversa
tagliando per la scorciatoia
facendo il giro
passando da dietro
attraverso una disperazione curiosa di tutto
una sala d’attesa di II e III classe
con un biglietto per un’altra destinazione
senza la fede con la sola bontà come a scrocco
da passaggi d’emergenza per ogni evenienza
con una chiave di riserva avuta dalla Madonna
in persona
da tutti i cancelletti verdi col gancio staccato
da una strada non scelta
da poveri sentieri tutti storti
da ogni luogo dal quale Tu chiami
tramite una coscienza sempre viva
(Da Affrettiamoci ad amare di Jan Twardowski, sacerdote e poeta polacco – 1915-2006)
Non so perché questi testi di autori che decisamente si autodefiniscono non credenti, letti lì per lì, mi fanno molto male. Forse perché soffiano sul fuoco della mia incredulità, anche se alla fine dei conti, come ho scritto alcuni giorni fa in un commento a Odifreddi su Repubblica, galvanizzano la mia voglia di pregare e a voler più bene alla Chiesa.
Come disse don Oreste dopo aver sbattuto la testa sul parabrezza in un incidente: “È tutta grazia di Dio”.
Aggiungerei poi che Milano, sede di vita e di lavoro di Veronesi, è la città del card. Martini e della cattedra dei non credenti, di Tettamanzi; la città dove Ravasi ha guidato la biblioteca ambrosiana per tanti anni, la città di Vito Mancuso e del S.Raffaele.
Avesse avuto voglia di aggiornarsi sulla fede rispetto al catechismo di quando era bambino, avrebbe avuto occasioni ben qualificate.
nino