7 marzo 2008

Il Vangelo secondo “Matteo il Giovane” . Lectio 3b: l’inizio della fraternità (Mat 4,13-25)

Caro Matteo il grande
l’inizio della fraternità e la vocazione di due coppie di fratelli mi intriga e mi spinge a porti tante domande sulla vocazione
Penso che la chiamata dei due fratelli non sia stata un colpo di fulmine come tu sembri raccontare nel testo ma frutto di ripetuti incontri ravvicinati col Maestro.
Ecco la mia domanda:
come è possibile decidere di spendere la vita per Cristo senza sapere dove ti condurrà l’impresa? Cosa avrebbero potuto prevedere i quattro giovani di come sarebbe cambiata la loro vita? In un tempo in cui è così difficile fare delle scelte per tutta la vita, in quale clima è possibile per un giovane fare  un cambio di vita così netto e deciso?
E ancora.
Tu Matteo il grande racconti che l’incontro con Gesù dei fratelli è avvenuto casualmente ma tutto lascia intravedere che era stato accuratamente preparato da Gesù che voleva spostarsi sul lago, che adocchia le due coppie di fratelli e li chiama certo che avrebbero accolto l’invito.
Ti chiedo:
quanto erano davvero liberi i quattro di aderire a quell’invito e quanto per così dire  erano destinati ad accoglierlo?  Già nella nostra vita quotidiana siamo soggetti a mille condizionamenti che riducono pesantemente la libertà delle scelte, come possiamo essere certi che Gesù rispetti fino in fondo la nostra libertà  di creature che possono dire sì o no ad un invito? E come è possibile che da due semplici famiglie di pescatori abbia tratto la sua prima fraternità norma per tutte le altre fino alla fine del mondo? Per non dire che in genere si è così diversi tra fratelli di sangue e raramente uno vuole fare quello che fa l’altro ma cerca di distinguersi in mille modi!
Ma non è questo il punto che mi intriga di più.
Tu lasci intendere che incontrare Gesù e stabilire una relazione personalissima con Lui coincide con l’inizio di una fraternità di vita con quanti sono divenuti discepoli .
Allora ti chiedo:
Come oggi dei giovani studenti o lavoratori possono vivere una reale fraternità cristiana creando tra loro relazioni più profonde di quelle del sangue ed ovviamente di quelle dell’amore, della passione politica, dello sport o della musica?
Le nostre esperienze di chiesa non sono sempre esaltanti e spesso la comunità cristiana è luogo d’incontri ma non di vita. Come è pensabile oggi una  vita da cristiani coesa al suo interno ed insieme aperta e coraggiosa verso la scuola, l’università, il lavoro, la città, gli affetti? Come conciliare famiglia e amici (che tra l’altro anch’essi non navigano a gonfie vele) con una appartenenza forte alla fraternità cristiana? E soprattutto cosa può mai significare per un <<Matteo giovane>> essere pescatori di uomini? Ti ho rubato del tempo, ma potresti aver guadagnato una vocazione!

A risentirci presto caro Matteo il grande!


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