8 giugno 2007

Corti… d’estate 2

Dalla piazza alla spiaggia. Un fastidioso gonfiore alle gambe mi costringeva a passeggiare sul bagnasciuga, come da bambino vedevo fare alle vecchiette coi piedi scalzi e la grande gonna alzata fino al ginocchio. Passeggiavo vicino ad una spiaggia  chiamata dei “talenti”. E, sorpreso, rivedo con la coda dell’occhio alcuni volti di giovani che mi avevano colpito  nella piazzetta del  quartiere.  Si divertivano, credo, a sfottersi dopo il bagno ma lo potevo solo immaginare dalle risate fragorose che i leader del gruppo  suscitavano di tanto in tanto. Tra loro i più allegri erano alcuni giovani disabili loro amici che avevano accompagnato al mare:  una ragazza bionda con occhi chiari, bellissimi, aveva stampate nel corpo le conseguenze di un incidente stradale che gli aveva resa la vita difficile; qualcun altro lasciava trasparire dal volto la fragilità di una esistenza giovane segnata dalla malattia  e dal disturbo psichico,  la sindrome di Down era facilmente riconoscibile sul volto sereno di un ragazzo. Passeggiavo su e giù, con un occhio alla gamba  forse stanca di reggere un corpo inciccito e l’altro ai giovani ormai amici di cuore che sapevano divertirsi amando altri giovani che, soprattutto d’estate, fanno più fatica a vivere. Immaginavo come poteva essere accaduto: una telefonata, un invito insistente, un passaggio in macchina fino al mare di qualche neo patentato, l’offerta di un braccio forte per arrivare al capanno e poi al mare..  e poi la giovanile scoperta che si è felici rendendo felici…  A volte li vedevo animare i gruppi che giungevano alla spiaggia e li vedevi che non si sentivano ospiti ma protagonisti.
I sassi  del mare  mi costringevano a camminare come le donne coi tacchi a spillo  e sognando piedi freschi e sgonfi andavo in flash back nelle mie esperienze di vita per avere conferme sul fatto che si è felici rendendo felici. Immagini a frotte nella mente e nel cuore  e tante conferme.  Una fra tutte : la mia  prima estate da prete (25 anni nel 72!)  e la gioia  di un folto gruppo di giovani con cui l’avevo passata lavorando per  don Paolo Tonucci e il suo Brasile; prima  da contadini al Cante di Montevecchio dove ora Alby “comanda”, poi a incastonare la bigiotteria del Laurana di Pesaro da far invidia a Marco M, poi la spedizione delle medicine in Africa nello scantinato della parrocchia.  E poi a frotte immagini del doposcuola gratuito per i ragazzi con debito formativo e  i campi scuola a Fonte Avellana che per me duravano tutta l’estate e nei quali non mancavano mai i giovani in difficoltà, e il Cottolengo di Torino e i campi Emmaus che un giovane Luciano organizzava in pieno agosto con l’Abbé Pièrre. E poi l’incontro con don Oreste che ci ha cambiato la vita  e le prime nostre case di accoglienza e poi gli anni in baracca che quando tirava vento mi facevano sentire vicino  a Padre Giacomo, uno dei più cari amici di liceo, da una vita in Bangladesh. Assieme alle immagini, tanta gioia di averle vissute! Ma  per favore basta amarcord: una foto di due fidanzatini  sotto l’ombrellone col  telefonino ultima generazione mi ha riportato al nostro tempo!
Tornato al quartiere, cercavo, nelle brevi passeggiate serali, di capire dove nasceva il gusto di essere felici rendendo felici . Non vedevo gli stessi giovani ma volti di giovani adulti : un papà che abitualmente era circondato da uno stuolo di  vivacissime figlie  in scala tipo matrioska che ogni giovedì si fermava con un giovane ormai attempato molto segnato dalla vita e dal disturbo mentale, altri a due a due, diversi ogni sera, li vedevo  aprire una piccola casa dove accoglievano uomini e donne che in un inglese gentile si chiamerebbero homeless, da una casa famiglia vicina giovani famiglie passeggiavano con i loro figli e quelli in affido (tra essi una birichina con un sorriso ruffiano che aveva bisogno di molte “guardie del corpo”) Capii dove stava la sorgente delle idee ma rimanevo piacevolmente sorpreso che anche i giovanissimi , a volte così avvolti in se stessi, avessero anch’essi già scoperto il segreto della felicità : si è felici rendendo felici! E di nuovo la stura al sogno : che bello –pensavo- essere un giovane che il mattino d’estate ti svegli pigramente  e ti dici : per essere felice chi posso oggi render felice? E subito una marea di progetti da intasare google: la telefonata al nonno lontano; la sorpresa di far trovare un giardino perfetto al padre che torna dal lavoro sognando le ferie; un pranzetto preparato con tutte le calorie giuste per far tornare la mamma in una linea che fa invidia alle amiche; la chiacchierata al telefonino con quell’amico che nel fine settimana avevi visto out e pieno di spirito (di vino?) ; quel salto veloce  prima di arrivare alla spiaggia a quell’amica, bloccata a casa, che si era convinta che non gli volevi bene come prima , uno squillo anch’esso veloce per accertarsi che l’amico non si scordi di passare a prendere l’amica disabile. E poi c’è  ancora tempo per tutto: il bagno, la chiacchierata , il pranzo, la pennichella con un libro vicino di Jean Vanier  o di Dominique Lapièrre  per ricaricare le batterie,  un pomeriggio a settimana un doposcuola gratuito ai ragazzi in casa famiglia, la sosta di un gelato alla frutta con  l’amica del cuore, persino un tuffo nella preghiera per rigustare dal didentro le tante cose della giornata e scoprire che, ripensandoci, si accresce il senso di pace e di gioia di averle vissute.
Un giorno passando vedevo gente uscire  con pacchi pieni di cibo ed  immigrati attendere alcune mamme del centro di ascolto; un giorno mi imbattei in una festa di famiglie albanesi accolte nel quartiere  e in un gruppo di senegalesi, altissimi, che mangiavano i loro cibi tradizionali . Grazie anche a voi giovanissimi amici  sto  scoprendo un modo bello di vivere l’estate e sarà il mio tormentone:  essere felici, rendendo felici!

  1. Grazie Don, è bellissimo


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